Mirko Satto - bandoneón
Matteo Mignolli - flauto
Marco Emmanuele - chitarra


Presentazione a cura di Emanuele Bonomi

Come gli affini flamenco, fado e rebetiko, il tango condivide le umili origini nelle periferie urbane e sociali quali crocevia di espressioni musicali di diversa provenienza culturale. Incorporando balli di derivazione afro-americana (il candombe e la habanera) e generi folclorici autoctoni (la milonga), esso fiorisce lungo entrambe le sponde del Rio de la Plata dalla seconda metà dell’Ottocento come forma primariamente strumentale – all’organico originale per trio (violino, chitarra e flauto) segue nel tempo una ripartizione cameristica incardinata su pianoforte (o chitarra), violino e bandoneón, una variante più piccola della fisarmonica, e un successivo allargamento per costituire un’orquestra típica basata su almeno quattro bandoneón, una sezione d’archi (violini, violoncelli e contrabbassi) e pianoforte – destinata ad accompagnare una danza dalle movenze assai stilizzate e sensuali. Come musica da ballo il tango si diffonde rapidamente in Europa dal primo decennio del nuovo secolo, nonostante la ferma opposizione delle autorità, soprattutto religiose, per il suo carattere licenzioso e immorale.

In patria, invece, la componente melodica nostalgica e marcatamente sentimentale trova nuova linfa a partire dai tardi anni Dieci con la nascita del tango-canción, trasposizione cantata del tango, le cui alterne fortune riflettono da vicino l’instabile realtà politica argentina: combattuto dalle dittature militari degli anni Trenta, viene al contrario favorito dal regime populista di Juan Domingo Perón che ne sfrutta la popolarità a fini propagandistici. Dopo aver stregato numerosi compositori europei nel primo dopoguerra - tra i tanti citiamo anzitutto Satie, Stravinskij, Hindemith e Weill - il tango conquista definitiva dignità artistica grazie al contributo originale di Astor Piazzolla (1921- 1992), che ne ha sfaldato l’idioma tradizionale innestandovi le innovazioni tecnico-espressive della musica colta e del jazz. Con l’obiettivo di ripercorrere lo sviluppo del genere nel suo caleidoscopico mutare di gradazioni espressive Tango Project sboccia dall’empatico incontro di un insolito trio di interpreti, accomunati dal desiderio di comunicare le emozioni e le sensazioni più connaturate allo spirito tanguero.

Se si eccettua la popolare rumba cubana Amapola, scritta negli anni Venti dal direttore di banda andaluso José Maria Lacalle García e affermatasi in seguito come crossover nei repertori pop, lirico e pure cinematografico – Ennio Morricone se ne è servito, nel 1984, per la colonna sonora dello struggente testamento registico di Sergio Leone C’era una volta in America –, il programma prevede infatti un corposo florilegio di titoli da intendersi quali archetipi interpretativi delle diverse tipologie di tango diffusesi a partire dagli anni Trenta. Alle vigorose tango-milongas di natura strumentale, animate da un’incisività ritmica d’impronta popolaresca non aliena da raffinate preziosità timbriche e illustrate da Palomita blanca (1929) di Anselmo Aieta, Milonga de mis amores (1937) di Pedro Laurenz e Bahía Blanca (1958) di Carlos Di Sarli, si contrappone il risoluto lirismo sentimentale della tangoromanza Nostalgias (1936) di Juan Carlos Cobián, assai affine per la soffusa malinconia del testo alle elegiache tango-canciones rese celebri da Carlos Gardel, superbo interprete di quelle dolorose figure umane radicate nella concezione pessimistica e fatalistica del patrimonio folclorico porteño. Improntato invece a un lessico timbrico e armonico vividamente drammatico e passionale è infine il “tango-nuevo” di Astor Piazzolla, la cui spontanea immediatezza improvvisativa tradotta nel radicale sperimentalismo ritmico fraseologico e nel deliberato allentamento della rigida architettura formale è da interpretarsi come straniante rievocazione di una vivida memoria collettiva.